Antieuropa

GLI INDOEUROPEI, QUESTI SCONOSCIUTI:

Ariani, indoarii, secondo l’antropologia, che è quella scienza biologica che studia i caratteri dei popoli, estinti ed attuali, e la loro divisione in razze.

Non sono che due sinonimi di una popolazione primitiva: gli indoeuropei, la cui zona d’origine, sepolta la vecchia concezione di una loro migrazione dall’Asia, è stata localizzata nell’Europa centrale, tra l’Elba e la Vistola.

Due le ondate migratorie di questa popolazione, la prima verso il 2000 A.C e da essa derivano la società iranica, l’impero ittita e i regni anatolici. La seconda intorno al 1250, si spinse in Europa fino alla Gallia e alla penisola Iberica, da cui derivarono gli Italici, Greci micenei, Celti, Germani e, sebbene per lungo tempo ritenuti di origine orientale, gli Etruschi.

Del loro ceppo comune si è avuta conferma attraverso studi di linguistica che hanno dimostrato come la lingua indiana tedesca o latina derivano da una lingua madre. Ma antropologicamente ogni uomo è un meticcio, perché prodotto di un certo numero di incroci. Non ha senso, quindi, di parlare di “razza pura”, ma solo di omogeneità razziale che è un concetto molto più dinamico ed evolutivo.

Anche Gunther, il tedesco filosofo della razza, spesso citato, non sempre a proposito, dice riferendosi alle popolazioni nordiche: “la maggior parte dei popoli che oggi parlano lingue indogermaniche conservano per lo più la eredità linguistica, non l’eredità di sangue dei Germani”.

Dobbiamo allora distinguere, se vogliamo fare l’apologia di un certo modo di vivere e di sentire di antiche popolazioni non ancora preda dell’economicismo e del materialismo, come potevano essere, Celti, Germani o Latini, (il che sarebbe condivisibile), ricercare una affinità razziale che le centinaia di migrazioni ed incroci rendono improponibile.

Il tipo di origine indoeuropea prediletto da Gunther era il tipo nordico che era rimasto senza contaminazioni. Anche i Latini (da cui discendiamo) venivano considerati benevolmente razza pura, ma solo fino alla II guerra punica, poi dice Gunther, l’elemento italico si imbastardisce.

Ma forse lo fa per non ricordare Mario, che sottomise gli arii Celti, o Cesare che ridusse a più miti consigli, con le sue legioni “decadenti” romani, le popolazioni germaniche. Cero alcune pagine del Gunther studioso delle razze sono bellissime, come quelle in cui riscontra un valore che pervadeva l’intera vita degli indoeuropei: la religiosità.

“Per queste popolazioni sempre c’è lotta tra una volontà divina che esige forma e ordine sociale, e una volontà nemica che promuove la degenerazione e la corruzione. Il mondo dell’ordine si conserva e si rinnova mediante la lotta eroica dell’uomo, con affianco lo spirito divino, contro le potenze ostili. Esso è quindi la più profonda raffigurazione della collaborazione delle leggi divine con i valori umani. Era una concezione della religiosità congiunta a un concetto di arricchimento della vita in forza della quale l’uomo maturava in petto l’anima grande

“Un cuore grande ed uno sguardo ampio, è la nobile religiosità d’un aristocrazia.”

Anche George Dumezil conferma tali osservazioni quando scrive che nelle varie civiltà indoeuropee si manifesta “una concezione dell’universo e della società umana come organismi armonici, in cui collaborano gerarchicamente tre funzioni fondamentali: la sovranità, ad un tempo magica e giuridica, la forza e la fecondità.”

Continuiamo allora a studiare gli Indoeuropei, che rappresentano le nostre origini; d’altronde, come diceva Cicerone, i popoli che si disinteressano della loro storia (anche la più lontana aggiungo io) si condannano ad essere fanciulli.

Fonte – Vito Orlando, Avanguardia, anno II° nr.4 del marzo ’84.