Antieuropa

LA SOVVERSIONE DEMOCRATICA:

<<Se la base di qualsiasi società è rappresentata dagli uomini che la compongono, alla base dello stato, che è la forma più complessa e l’espressione più completa di una società di uomini, vi è l’autorità.

Il diritto, le leggi, l’organizzazione economica e sociale, l’amministrazione non esisterebbero se si prescindesse dall’autorità.

Lo stato che è ordine esiste in quanto vi è un’autorità che presiede a questo ordine. L’autorità, in natura, è gerarchia: cioè ordinamento gerarchico di uomini in base ad un criterio di distinzione che pone i migliori al di sopra dei mediocri e dei peggiori.

Il rispetto della gerarchia – che è fatto naturale ed umano non meccanico – crea spontaneamente l’autorità e quindi l’ordine. Negare le gerarchie vuol dire negare la natura.

Le civiltà tradizionali che preesistettero all’epoca moderna, non ebbero mai il problema di chi dovesse governare: in tutte le civiltà tradizionali il governo dello stato appartenne naturalmente al migliore o ai migliori, secondo la formazione di una scala di valori che ebbe sempre a rappresentare l’andamento di una gerarchia.

Gli uomini non sono uguali in natura: accanto al genio esiste l’idiota, accanto al mistico il bruto, accanto al guerriero l’imbelle, accanto all’eroe il vigliacco.

Il bello e il brutto sono frutti naturali: negarlo è menzogna. Ed è anche menzogna affermare la piena uguaglianza di tutti gli uomini. Di fatto in natura osserviamo che i geni, i santi, gli eroi rappresentano una minoranza ristretta, mentre i mediocri, i deboli, i bruti e i vili sono maggioranza.

Ecco quindi delinearsi da un lato la minoranza che è qualità; dall’altro una quantità che è solo numero.

I negatori del principio di autorità, non potendo fare a meno di questa, cercarono un criterio meccanico ed artificioso – poiché innaturale – atto a determinare ciò che fosse “bene” e ciò che fosse “male”: il numero!

Nacque in tal modo la cosiddetta “democrazia”. Infatti, il potere del numero ha un nome: democrazia.

Democrazia vuol dire, etimologicamente, governo del popolo. Come nella realtà politica il governo non possa appartenere al popolo è di per se chiaro: non si può essere governati e governanti nello stesso tempo, così come ciò che è superiore non può derivare da ciò che gli è inferiore.

La prima formulazione della dottrina democratica risale al V sec. a.C.: quell’epoca nella città greca i Atene si ebbe anche il primo tentativo di governo democratico. Per quanto il diritto di voto fosse stato limitato a circa 10.000 cittadini sui 300.000 che ne formavano la popolazione, l’esperimento fu disastroso.

La pungente satira politica di Aristofane definisce chiaramente il mito di “Demos”, mostrandoci come un volgare mercante riesca a conquistare il potere propiziandosi il “popolo” grazie alla scurrilità ed alla “generosa” distribuzione di salsicce!

Malcostume politico, clientelismo e sfruttamento delle passioni e interessi da parte di uomini irresponsabili incapaci, non educati e interessati all’opera di governo, fu la causa prima della decadenza della società ateniese ed ellenica, si tentò poi di rimediare al male ricorrendo a dei dittatori; ma ormai il germe aveva lavorato in profondità compiendo appieno la sua azione distruttrice.

La democrazia, non come ideologia, ma come modalità dell’esercizio di potere politico comparirà ancora nel medioevo nei comuni italiani ed in alcune città tedesche, si trattò comunque di esperienze circoscritte ed attuate con molte variazioni e limitazioni e che non ebbero alcuna incidenza sulla realtà politica del tempo.

Bisognerà giungere nell’epoca moderna, nel XVIII secolo, per vedere riaffiorare le dottrine democratiche già fallite tanti secoli prima. Furono un portato delle rivoluzioni americana e francese, rivoluzioni scrupolosamente preparate da alcune ben note centrali sovversive. Amsterdam e Londra furono i centri in cui trovarono accoglimento quelle ideologie che, traslate dal piano teorico a quello delle tecniche di governo, dovevano condurre l’Europa della tradizione al suo disfacimento spirituale e politico.

Con la successiva rivoluzione industriale, nacque poi il capitalismo: dal capitalismo nacque il democraticismo moderno. Gli arricchiti e i mercanti, per lo più ebrei, non tolleravano, essi che ormai detenevano il potere economico-finanziario, che altri esercitassero il potere politico.

Si rielaborarono allora le vecchie dottrine democratiche, si riesumò (proprio come una mummia) il “mito” di “Demos”. Dalle idee di illuminismo, nacquero, il razionalismo in filosofia, l’umanesimo evangelico e l’attivismo calvinista in teologia, il giusnaturalismo in diritto, il contrattualismo in politica, il mercantilismo in economia, l’utilitarismo nell’etica furono i diversi strumenti culturali di cui si servì il capitalismo per creare un ambito intellettuale atto a giustificare il prossimo trapasso del potere nel senso della “democrazia”.

Si sovvertirono così i valori su cui si incentravano ancora gli Stati europei eredi, sia pure svogliati, della tradizione del Sacro Romano Impero.

La massoneria speculativa – creata da Desagouliers come supporto della politica della nuova dinastia inglese degli Hannover – completò l’opera sovversiva. Dalle logge massoniche le “nuove” idee si trasportarono nei “salotti” delle capitali europee: da qui giungeranno sulle piazze. L’illuminismo, concentrato e sintesi intellettualistica di una preparazione secolare, si fa portatore, ovunque, delle idee democratiche.

L’arma preferita della sovversione è l’inganno: inganno delle masse stolte, ineducate, rozze, infingarde e vili. Ad esse si fa credere che potranno direttamente esercitare il potere, ponendo così fine al dominio dei pochi. Le masse volutamente demonizzate si scatenano, senza comprendere l’inganno.

Ma poiché in politica la libertà senza limiti porta all’anarchia non è alle masse concesso il governare liberamente. Si crea così il problema delle rappresentanze del parlamentarismo.

Al popolo, detto ormai demagogicamente “sovrano”, viene attribuito l’effimero potere di scegliere per mezzo delle elezioni i suoi rappresentanti cui delegherà l’esercizio effettivo dell’attività di governo. Proprio così: si è voluto togliere l’autorità dalle mani dei pochi poiché – pretesto meschino – erano in pochi, per darla a dei pochi che non sono più i migliori! Infatti grazie al metodo democratico che concede alle masse lo pseudo-potere di eleggere i propri rappresentanti, il governo giunge nelle mani di pochi uomini corrotti e a loro volta corruttori.

Nel sistema democratico l’uomo politico è colui che riesce con mezzi spesso illeciti ed immorali ad estorcere il voto ad un certo numero di persone, idonee a giudicare ciò che sia bene e ciò che sia male per la “cosa pubblica”.

Il “migliore” non è più l’uomo spiritualmente valido e tecnicamente capace a governare, ma è l’uomo che meglio riesce ad accattare voti!

Il “cittadino” un tempo suddito rispettato di uno Stato organico, è divenuto l’incosciente strumento con cui omuncoli senza scrupoli riescono ad impadronirsi della ricchezza comune e dilapidarla; è divenuto in breve l’ingranaggio di una macchina elettorale.

Abbiamo visto come la democrazia moderna è sorta contemporaneamente allo svilupparsi del capitalismo. Abbiamo analizzato come ciò si sia verificato. Abbiamo analizzato come, sovvertito l’ordine Tradizionale dello Stato, viene sostituito al governante incorruttibile il governante corruttibile.

Non è possibile fare a meno dell’autorità? Ebbene, si dona l’autorità a chi è disposto al compromesso. Si crea il criterio meccanico del numero con cui si attribuisce, attraverso il giuoco dei bussolotti dell’urna, il potere a uomini facilmente assoggettabili. Il gioco è fatto: democrazia, capitalismo, usura divengono così gli elementi di un sistema che ha come fili la speculazione e l’arricchimento, la distruzione dell’uomo e il suo annientamento.

Sorvolando i diversi cenni storici che si potrebbero menzionare, diciamo che, il Italia questo sistema democratico trovò la sua morte ad opera del Fascismo. Caduto il Fascismo (soltanto in seguito all’esito sfortunato di una guerra immane) si è tornati a ridar vita ad un cadavere.

Con la “costituzione” della Repubblica Italiana – magna carta del nuovo stato democratico – si è criminosamente tornati ad un sistema che venti anni prima aveva clamorosamente fallito. I risultati si conoscono. La società italiana ridotta sul lastrico dalle ruberie dei novelli governanti “democratici”, si dibatte nelle convulsioni preagoniche. Il popolo, tornato finalmente “sovrano” ha potuto assistere impotente al raggiro, alla truffa perpetrata a suo danno dai “rappresentanti” che di volta in volta è andato eleggendo.

E’ ben chiaro, per chi sia in grado di giudicare liberamente fatti ed ideologie, che il decadimento del mondo moderno ha coinciso con l’affermarsi del falso mito di “Demos”. L’uomo scaduto a numero, divenuto individuo nella massa dei mediocri, privo di altri interessi che non siano quelli di carattere utilitaristico, ha perso, a causa della ingannevole concezione democratica, il vero senso della vita. Un tale squallido tipo di uomo-massa popola lo “stato” democratico che a sua volta ha sostituito all’autorità l’arbitrio dei partiti, alla gerarchia e alla qualità il numero, all’ordine il caos.>> [1]

[1] “Fascismo e sovversione” Europa Edizioni, di Paolo Signorelli.