Antieuropa

LA VIA DEL LEGIONARIO DELLA TRADIZIONE:

Cari lettori, oggi vorremmo occupare questo nostro spazio per parlare della via del militante, del suo impegno spirituale ed eterno, del suo esempio di vita legionaria e dei sacrifici che dovrà compiere se vorrà realmente essere il portatore del potere di cambiare volto al mondo in rovina. Qui di seguito riporteremo il racconto delle tre prove legionarie, di C.Z Codreanu, il capitano della Guardia di Ferro romena, ottimo per comprendere ed appassionarsi alla “via del militante“:

<<La vita legionaria è bella. Ma non bella per ricchezze, divertimenti e lusso. E’ bella invece per
il gran numero di pericoli che essa offre al legionario; per il nobile cameratismo che lega tutti i
legionari in una santa fratellanza di lotta; bella per l’inflessibile, virile comportamento di
fronte alla sofferenza. Quando entra nell’organizzazione legionaria, uno deve conoscere fin
dall’inizio la vita che lo attende, la strada che dovrà percorrere. Questa strada passerà per il
monte della sofferenza, attraverso la selva delle fiere selvagge, e infine attraverso la palude
dello scoramento
.

IL MONTE DELLA SOFFERENZA: dopo che uno s’è arruolato legionario con l’amore per la
propria terra nel cuore, non lo attende una tavola imbandita. Deve accettare invece sulle sue
spalle il gioco del nostro Redentore Gesù Cristo: “prendete la mia croce sopra di voi”. E il
sentiero legionario comincia a inespicarsi per un monte, il monte della sofferenza. “All’inizio
sembra facile scalarlo. Poco dopo la scalata diventa più ripida, la sofferenza più acuta, le
prime gocce di sudore cominciano a cadere dalla fronte dei legionari. Allora uno spirito
impuro, infiltratosi tra i legionari, insinua la domanda “non sarebbe meglio tornare indietro?
La strada è ardua e il monte è tanto lungo e alto che non vediamo la cima
”. Ma il legionario
non porge ascolto, va avanti e s’arrampica con difficoltà continuando a scalare il monte senza
fine, egli comincia a stancarsi e le forze sembrano abbandonarlo. Fortuna per lui che
s’imbatte in una fonte, limpida come il cuore di un amico. Si rinfresca, si lava gli occhi,
respira un poco e riprende a scalare il monte della sofferenza. Superata la metà, da lì ha inizio
la parte priva di acqua, di erba, di ombra -solo pietre e sassi-. Il legionario vedendo questo
dice “fin qui ho sofferto molto, Signore aiutami a raggiungere la vetta”. Ma lo spirito maligno gli insinua la domanda “non sarebbe meglio tornare indietro? Lascia stare l’amore per la tua
terra. Non vedi che devi patire se ami la Patria, la Stirpe e la Terra? Che cosa guadagni qui?
Non è meglio che te ne stia tranquillo a casa tua?
”. Con fede infinita continua ad arrampicarsi
sulla nuda pietra. E’ stanco e cade, si sbuccia le mani e le ginocchia, si leva come un prode e
parte di nuovo, il sangue gli sgorga dal petto e gocciola sulla pietra inclemente. “Non è meglio
tornare indietro?
” si ode di nuovo lo spirito maligno. Ma all’improvviso sente una voce che
grida dal profondo “Avanti, ragazzi! Non abbattetevi!” un ultimo sforzo e la sua fronte da
prode giunge trionfante alla vetta, sulla cima del monte della sofferenza, con lo spirito
cristiano e italiano colmo di felicità e di gioia. “Sarete felici quando vi perseguiteranno e
diranno solo parole cattive contro di voi…ed essi partivano rallegrandosi di essere stati
percossi per il nome di Gesù
”. Molte pene soffrono i legionari scalando il monte, a descrivere
la loro sofferenza occorrerebbe un libro intero.

LA SELVA DELLE FIERE SELVAGGE: Chi desidera diventare legionario non si immagini
però che i tentativi siano terminati qui, sulla vetta del monte della sofferenza. Ciascuno è bene
sappia dall’inizio quanto l’aspetta.
Seconda prova: non trascorre molto tempo e la strada legionaria entra in una selva a cui il
mondo ha posto il nome di “selva delle fiere selvagge”. Dal margine della selva si odono le urla
di queste fiere selvagge, le quali attendono solo che uno vi entra per sbranarlo. Dopo il monte
della sofferenza, questa è la seconda prova che i legionari devono superare. Chi è codardo
rimane al margine della selva. Chi ha cuore di prode, vi penetra, lotta con valore e affronta
migliaia di pericoli intorno ai quali si potrebbe scrivere un libro intero. Durante questa lotta il
legionario non fugge il pericolo, non si nasconde dietro gli alberi. Al contrario, si mostra la
dove il pericolo risulta forte. Dopo aver attraversato la selva ed esserne uscito con successo,
una nuova prova lo attende

LA PALUDE DELLO SCORAMENTO: La strada di perde ed essi devono attraversare una
palude, “La palude dello scoramento”, perché chi vi entra viene preso dallo scoramento prima
di giungere all’altra sponda. Alcuni non hanno il coraggio di entrarvi -cominciano a dubitare
del buon esito della lotta, perché esso è troppo lontano- e non giungeranno alla vittoria. Molti
di coloro che hanno attraversato la selva delle fiere selvagge e hanno scalato il monte della
sofferenza, annegano così in questa palude dello scoramento. Altri entrano e poi tornano
indietro; altri vi affogano. Ma i veri legionari non si perdono d’animo e superano anche
quest’ultima prova e giungono a riva, coperti di gloria.

Là al termine dell’arduo cammino delle tre prove, ha inizio l’opera bella, l’opera benedetta
per costruire dalle fondamenta la nuova Italia. Soltanto chi ha superato i tre esami, ovvero chi
è passato per il monte della sofferenza, per la selva delle fiere selvagge e per la palude dello
scoramento -ed è riuscito nelle prove- soltanto questi è legionario vero. Chi non è passato
attraverso queste prove non può chiamarsi legionario, benché sia iscritto all’organizzazione,
porti il distintivo della legione o paghi i contributi. Chi, in anni di vita legionaria è stato tanto
abile da evitarle sempre, senza quindi aver conosciuto e dato né l’esame del dolore, né l’esame
della virilità e neppure l’esame della fede, può essere uomo “abile”, ma non un legionario. Il
capo della legione quando valuta la personalità di un legionario, si basa su questi tre esami.
La legione è contro coloro che si agitano e si danno da fare per ottenere vittorie senza rischi e
senza sacrificio, poiché costoro sono uomini meschini, le loro vittorie si rivelano passeggere come la spuma del mare. Dove non c’è rischio non c’è gloria. La legione è contro coloro che
dopo le vittorie mirano ad innalzarsi sopra i rischi e sacrifici altrui. La legione è pure contro
coloro che lottano si, ma spinti da un movente inferiore: desiderio di guadagno, godimento di
benefici, creazione di una posizione. Costoro quando raggiungono la vittoria cominciano a
divorarla. L’anima superiore trova le sue grandi soddisfazioni nel piacere della lotta e del
sacrificio>>. [1]

Questa articolo è, cari lettori, soprattutto per le giovani generazioni che appaiono mortalmente colpite da questa epocale congiura moderna che le induce ad atteggiamenti passivi, degenerati e rinunciatari o, all’opposto, li costringe a cimentarsi in presa diretta in un irrisolto presente che offre la cupa immagine di una società assediata mancante di energia vitale. La maggior parte dei giovani vive in labili emozioni in una sorta di adolescenza perpetua che assume toni irreali dalla mancanza di consapevolezza. Catapultati sopra e sotto le righe da un mancato equilibrio anche temporale, i giovani oscillano fra l’esaltazione e la depressione, depravazione sessuale, droghe e infantilismo in un continuo passaggio privo di senso reale che incide sullo sviluppo della persona umana.

Manca loro una missione spirituale comune, una sferzante cattiveria (costruttiva), adeguata a formazione che disegni un futuro privo di catene!

[1] Il capo di Cuib – Codreanu, Corneliu Z. – Libri