Noi, siamo gli ultimi discendenti di un popolo di uomini, di guerrieri, cui un esercito di invasori, piccoli borghesi, ha usurpato i potere legittimo.
Noi, i figli senza tempo di questo popolo antico, ci ritroviamo così in un mondo che non ci appartiene e che ci disgusta.
Ecco perché mentre le case crollano, noi usciamo allo scoperto, abbattendo i recinti con rapide sortite, con entusiastiche cavalcate diamo dura battaglia al nemico.
E ancora pensiamo alla nostra Terra, al verde, al blu, pensiamo al vino denso come il sangue del Cristo.
Pensiamo al sole che ci ristora nei campi e all’olivo che lo sfida nella sua eterna potenza.
Che fare? fare un popolo a cavallo, uomini e donne nel sole e nel vento, con archi e frecce.
Con dardi appuntiti di legno duro a caccia di cinghiali, da cuocere al fuoco nella festa solare, nel giorno sacro del raccolto e in quello della semina.
Vogliamo poco: la nostra vita. Una mandria di bisonti che tornino con l’occhio calmo di chi sfida il tempo.
Vogliamo i nostri sacerdoti che curino l’anima con la parola di Dio e siano uccisi quando sbagliano.
Vogliamo la morte degli infami.
E fosse per un giorno, fosse per un ora ritorneremo ad alzare il nostro grido di guerra.
E il falco canterà ancora per noi canti perduti.
Che trionfi la rivoluzione!
- Bertran del Guado d’Occidente.