Qualcuno ricorderà l’ironia di cui fu fatto oggetto, da parte dell'<<intellighenzia>> liberal-progressista, l’ex presidente Usa Donald J. Trump per la sua <<crociata>> contro Tik Tok.
Eppure, il fatto che in tutte le guerre – anche quelle <<fredde>> – le armi psicologiche giochino un ruolo fondamentale, dovrebbe ormai essere acclarato.
Questo social network (Tik Tok) inventato dai cinesi è <<sdoppiato>>, come una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde: la versione in uso nella repubblica popolare cinese veicola contenuti propagandistici utili al Partito comunista cinese, mentre quella americana è dotata di un algoritmo che privilegia i contenuti cool tipici della decadente società dei consumi.
Non si tratta di un fatto casuale. Infatti, lo sdoppiamento dell’applicazione che <<potrebbe apparire come una semplice scelta di mercato riflette una visione strategica: la Cina usa Tik Tok nel tentativo di post-storicizzare il nemico mutandone le coordinate antropologiche, acuendone le contraddizioni interne>>.
Così si esprime l’analista geopolitico Giuseppe De Ruvo sulla rivista Limes.
Xi-Jinping, come Mao Tze Tung, segue il vecchio proverbio cinese e aspetta sulla riva del fiume il cadavere del suo nemico. [1]
[1] di Simone de Bartolo.